La Suprema Corte in una sentenza ha precisato che se per la cannabis con una percentuale di THC entro lo 0,6% è lecita la coltivazione, e sono leciti utilizzi alimentari e cosmetici «non sono vietati altri usi non menzionati»
Se ne è lecita la vendita, ne è lecito l’utilizzo. È questo il principio espresso dalla Cassazione che in una sentenza è intervenuta sulla questione della cannabis light, annullando un sequestro preventivo a carico di un 28enne di Civitanova Marche.
Si tratta della cannabis con una percentuale con THC entro lo 0,6% di cui è consentita la coltivazione. «Risulta del tutto ovvio – scrive la Corte – che la commercializzazione sia consentita per i prodotti della canapa oggetto del sostegno». E di conseguenza, aggiunge la Suprema Corte, seppur la legge esplicitamente citi utilizzi alimentari e cosmetici, il riferimento «non comporta che siano di per sé vietati faltri usi non menzionati», come il fumo appunto.
Una sentenza che va in senso opposto rispetto a un’altra della stessa Corte, che di recente aveva precisato che la legga 242 del 2016 (inerente la coltivazione e la filiera agroindustriale della canapa), a cui fa riferimento, non ha affatto reso lecita la commercializzazione della marijuana e dell’hashish con basso principio attivo. Ora quindi la Suprema Corte precisa che in caso di percentuale di THC sotto lo 0,6% la sostanza non è considerata «come produttiva di effetti stupefacenti giuridicamente rilevanti», e ne è quindi lecita la vendita.
Fonte: Corriere.it del 01/02/19